Metropoli e Cinema: due palcoscenici della vita

La metropoli è il luogo in cui la molteplicità, l’eterogeneità e la diversificazione hanno un ruolo dominante nella composizione del tessuto urbano, architettonico ed umano. In essa, una frenesia di stili, culture, attività e possibilità inonda il territorio, creando un intarsio di ritmi e voci. Il tumulto della folla, vero protagonista della metropoli, è l’emblema di un caos che si riversa sulle strade così come nella mentalità di ogni individuo, avvinto dal perpetuo movimento cittadino.

Essa nasce a partire dalla metà dell’800, quando in concomitanza all’intensificarsi dei processi di urbanizzazione e alla rivoluzione industriale e tecnologica, viene a crearsi una società di massa che altera il consueto rapporto tra sfera pubblica e privata, trasformando l’ambiente cittadino in un luogo di esibizione e commercio.

La metropoli, come scrive Francesco Casetti nel suo saggio La nascita del cinema e l’ambiente delle metropoli, diviene uno “spazio-mondo, in cui possono convivere realtà diverse e in cui tutto può essere ospitato”. Uno spazio-mondo che, proprio in virtù della sua immensa spazialità, per dare voce all’eterogeneità che in esso vive e si alimenta, viene a configurarsi come una sorta di “grande palcoscenico, in cui i diversi elementi concorrono tutti ad una messa in scena”. La metropoli dunque è anche un “teatro-mondo. È il luogo di un allestimento, di una esibizione”.

Fotogramma tratto da Berlin – Die Sinfonie der Großstadt (Berlino – Sinfonia di una grande città; 1927)

Ecco dunque che, nel contesto urbano, il divertimento assume la sua estrema importanza culturale, dal momento che esso diviene l’emblema di quell’eccitamento dei sensi che la massa produce e riceve. Il filosofo Siegfried Kracauer, nel suo scritto Culto del divertimento, datato 1926, ravvedeva nei palazzi del cinema berlinesi “i templi del divertimento”, dove il pubblico, nell’”accurata magnificenza della loro esteriorità”, era in grado di trovare sé stesso, accordando la sua “preferenza allo splendore superficiale delle stars, dei film, delle riviste e delle decorazioni”. Proprio il cinema, secondo Kracauer, agendo attraverso la sua spettacolarità come “copia dell’incontrollata confusione del nostro mondo”, è l’arte che meglio di tutte esprime la condizione moderna. Essa rivela “il disordine invece di nasconderlo”, e dunque avvicina la massa alla verità.

Manhatta (1921) di Paul Strand

Ritornando a Casetti, il cinema è lo spettacolo che meglio definisce la metropoli perché ne assume il dinamismo, mostrando, attraverso le inquadrature ed il montaggio, “un cumulo di scorci, paesaggi, edifici, corpi, gesti, fogge situazioni, ecc.”. In un teatro-mondo dove tutto vive di rappresentazione e mercificazione, esso non mette in scena alcuna merce, ma pone la stessa messa in scena, dunque l’esibizione, come merce. D’altronde, anche la stessa folla urbana tende a fare spettacolo di sé, e dalla folla l’individuo cerca di mettersi in mostra. Come afferma infatti il sociologo Georg Simmel nel suo importante Le metropoli e la vita dello spirito (1903), il cittadino, non trovandosi più soffocato dalle angustie ideologiche e culturali di un gruppo ristretto, ritrova nella massa la possibilità di esprimersi e di muoversi liberamente. Tuttavia egli è al contempo soverchiato dall’ingente quantitativo di valori ed energie che distinguono la vita metropolitana, tale da non permettergli un’adeguata messa in risalto della propria personalità. Vinto dallo spirito impersonale dell’urbanità, il singolo tenta allora di emergere dalla totalità, presentandosi in maniera stravagante ed eccentrica, perché solo nell’apparire diverso egli trova “l’unico mezzo per salvare, attraverso l’attenzione degli altri, una qualche stima di sé e la coscienza di occupare un posto”.

Il cinema, come scrive Casetti, “celebra il senso dell’aggregazione e dell’eterogeneità”, rivolgendosi sia agli individui che alla massa, “esplorando dei primi anche i più piccoli tratti fisionomici, e della seconda la bellezza e la grandiosità”. “Consente un’esperienza collettiva, immersi nel cuore della folla, e insieme lascia che il suo spettatore si senta al centro del gioco, chiamato in causa individualmente”. È anche in questa unione e valorizzazione della sfera pubblica e privata, che il cinema si dimostra l’arte della modernità per eccellenza.